Il rubino, la gemma dell’oriente

È una delle gemme più attraenti grazie alla lucentezza del suo rosso vivo. Il rubino è una variante nobile del corindone, un cristallo di ossido di alluminio tinto di colore fiammeggiante grazie all’inclusione del cromo. E la sua bellezza cromatica gli è valsa il proprio nome. Rubino infatti deriva dalla parla latina “rubens” che significa, appunto, “rosso”. È una pietra più rara del diamante ed è seconda in durezza solo a questo. Grazie alla sua struttura atomica, il rubino micronizzato è uno dei minerali utilizzati nei cosmetici organici Oyuna. Per le sue particolari qualità infatti questo cristallo arriva a migliorare la circolazione e stimola la sintesi del collagene, il costituente del tessuto connettivo fibroso. Ed aumenta così il tono e l’elasticità cutanea.

La sua storia ci porta in Oriente. La bellezza penetrante del rubino era già nota ai greci e ai romani che lo importavano dallo Sri Lanka. Il luogo principale di estrazione del rubino è la Birmania ma tutta l’Indocina ne è ricca. Gli indiani lo chiamavano “ratnaraj”, re delle gemme. La sua presenza ritorna più volte nei testi sacri hindu. Si racconta che quella pietra preziosa nacque sul letto di una distesa d’acqua. A generarla fu qualche goccia di sangue, stillata nel volo del dio sole Surya. Lo stesso cristallo del corindone, minerale del rubino, deve il suo nome al sanscrito “kuruvinda”, parola che indicava le gemme rosse di quei luoghi. È nel lontano Afghanistan del XI secolo che lo scienziato al-Khazini  inventò la “bilancia della saggezza”, prima macchina in grado di riconoscere il rubino, misurandone il peso specifico. La parola “rubino” entrò nella poesia italiana sempre nell’XI secolo. Poi il suo splendore e il suo magnetismo ne fecero la più regale delle decorazioni di corone, scettri e dei simboli di magnificenza nelle corti d’Europa.